Pandemia e pandemonio

PANDEMIA E PANDEMONIO

Raffaele K. Salinari è un medico specializzato in chirurgia d’urgenza. Ha lavorato in Asia, Africa e America Latina per ONG e Agenzie ONU. Studioso di temi Tradizionali, su “Il Manifesto” pubblicò nell’aprile 2020 un coltissimo articolo dal titolo “Apocalisse pandemica. Dal grande Nulla al Dybbuk“. Fu forse la prima ed unica volta che sulla “grande” stampa l’epidemia venne paragonata a un Dybbuk, mentre già i nuclei complottisti avevano un po’ più goffamente proposto il paragone:
COVID = דיבו, ossia DIVOC (=Dybok).

All’epoca l’amico N., operatore funebre lombardo, si prendeva cura di corpi ormai freddi. E la sera mi  riportava della sensazione, talvolta, che un qualcosa di scuro ed alato si stava muovendo sopra noi tutti.

Nel film dei fratelli Cohen “A serious man“, una sorta di libro di Giobbe dei giorni nostri, la scena iniziale scava nel passato. Tra gli yiddish di Polonia. Sera fredda. Neve. Un uomo e un carro con una ruota sbilenca. Un vecchio rabbino che si offre ad aiutare. Lui l’invita a casa per un pasto caldo.

Reb Goshkover, studioso dello Zohar in Cracovia, bussa alla porta. L’uomo l’accoglie. Ma la moglie è una statua di ghiaccio.  Ricorda – lei – che Reb Goshkover era dato per morto; tre anni prima. Il marito non le crede. E se fosse un Dybbuk? Il marito non lo crede.  Il rabbino ne è divertito.

Lei infine lo trafigge al petto.

Il vecchio s’alza sanguinante dalla sedia e se ne esce barcollando nella neve.

Apokalypsis eschaton. La rivelazione dei tempi ultimi, secondo il testo Giovanneo.

Ma apokalypsis significa disvelamento, rivelazione.

Al termine di questa lunga danza di astri, dovremo rivelare a noi stessi: nel combattere la pandemia, infine chi abbiamo ucciso? Il Dybbuk, o l’Uomo?

Mosè Cordovero definì il dybbuk una “cattiva gravidanza“. Il riferimento è al termine “ibbur“, che significa appunto “impregnazione“, e che indica una “possessione” da parte di uno spirito benevolo, con fini positivi. Il dybbuk è invece -appunto- un suo opposto.

Questa “cattiva gravidanza”, a molti mesi dalla comparsa dell’epidemia, sta dando i suoi frutti. Non solo in termini di polarizzazione, ma soprattutto per quanto concerne la diffusione, sotterranea a taciuta, di un senso di timore profondo, e della reazione violenta che ne segue.

Il cane pauroso è spesso il cane mordace.

Aleksandr Dugin nel suo “Soggetto radicale“, elabora una visione secondo la quale se l’uomo è stato actor del mondo moderno, è invece il “demone”, l’actor del postmoderno, con l’uomo ridotto ad essere un mero elemento del paesaggio. E come si manifesta questo “demone”? Con il paradigma assoluto ed impersonale della rete, che governa il mondo e lo rende interconnesso.

I demoni si manifestano lampeggiando nella connessione, creano tematiche, le strutturano, generano polarizzazione tra le opinioni. Ed è questo infatti il senso del termine “diabolos“, il separatore. Diaballein, da “dia” (attraverso) e “ballo” (metto, lancio). Il diavolo è colui che, lanciando qualcosa tra le genti, le separa. Crea inimicizia. Ecco il senso della polarizzazione sempre più estrema nella sfera dell’attuale. Le pagine social degli organi d’informazione, spesso col solo scopo di ottenere clickbait -quindi profitto- divengono strumenti elettivi del demone, che separa di volta in volta, argomento per argomento.

Guenon sosteneva che, così come la potenza celeste si manifesta talvolta attraverso intermediari umani, allo stesso modo fanno le potenze infere, servendosi della “controiniziazione”.

Ma che cos’è la controiniziazione?

Una iniziazione al contrario? Dissentiamo.

Questo è un grande errore. Il male non esiste infatti come realtà in sé, ontologicamente consistente, ma esiste piuttosto come anagogia del bene. La controiniziazione non è dunque un qualcosa di speculare all’iniziazione: è piuttosto un cattivo uso delle facoltà iniziatiche. È una corruzione dell’iniziazione. Ecco il suo carattere parodiante.

Oggi il demone si serve ancora della controiniziazione? Si.

Ma potrebbe persino farne a meno: la rete, la tecnologia, l’interconnessione sono i suoi spazi di manovra privilegiati. E chi sono dunque i nuovi sacerdoti?

I signori della tecnologia. I signori della super-tecnica. I tecnocrati. Ecco chi assume su di sé un ruolo controiniziatico, impropriamente detto, nel post-moderno. Ed i media, i “giornalisti” in assenza di carta, sono i loro predicatori infaticabili. Questi percorrono la terra a cavallo di invisibili impulsi, percorrono reti e reti, e si soffermano nodo dopo nodo per infiniti nodi. Ed oggi l’azione di tali predicatori è oltremodo battente. Presentano l’inferno ai “peccatori”. Suscitano la paura.

Dopo le sventure pandemiche, un nuovo “credo” si recita nelle nuove chiese. “Credo nella Scienza, una, santa e apostolica“. La vaccinazione assurge a ruolo battesimale. I non credenti debbono essere “convertiti”. Sono eretici da scovare, della cui morte gioire. Sono impuri, intoccabili.

Decine e decine di filosofi hanno argomentato intorno alla natura della tecnocrazia. Pochissimi han sottolineato un fatto essenziale: negli ultimi decenni, in un crescendo, il sentimento messianico ha fatto e disfatto il mondo.

A grandi linee, e semplificando per comodità, due schieramenti si sono fronteggiati in campo metapolitico. Da un lato un progressismo che, attraverso spinte transumanistiche, ha sostenuto la possibilità di costruire un favoleggiato paradiso in terra. E dall’altro lato una forma reazionaria, quasi oscurantista, che ha propriamente lavorato sul piano del religioso: dall’evangelismo sionista, al sionismo religioso vero e proprio, fino al wahabismo, tutti questi indirizzi messianici hanno avuto di mira una restaurazione, epperò “per mano umana“, di una purezza primordiale.

A partire dalla grande congiunzione tra Saturno e Giove del 2020, questa contrapposizione si è rimescolata.

È come se uno stato tensivo fosse venuto a maturazione, e sia poi culminato nell’evento pandemico.

L’attuale domina, e l’attuale mischia le carte.

Da un lato, i fedeli della tecnica, per i quali l’adesione alla campagna vaccinale sarebbe un “referendum sulla (dea) scienza“. E dall’altra una minoranza reazionaria, in preda a timori apocalittici e spesso a confusi neospiritualismi, se non a superstizioni compiute. Due fiere dalla forza impari, che pur tuttavia combattono, e nel loro avvinghiarsi, rotolarsi, divorarsi, si alimentano vicendevolmente e poi producono una chimera unica: un fanatismo scientista, dalla forte componente fideistica.

Silvano Panunzio ci avvertì: rivoluzione e reazione sono due facce della Sovversione.

E così è.

Volando attraverso il pensiero analogico, non si dovrebbe aver troppo timore nell’interpretare gli eventi con la lente limpida dell’escatologia, attingendo alla simbologia apocalittica. Essa si dispiega. È presente. Dev’essere osservata senza emotività “millenaristica”.

Eppure deve essere osservata.

Il “certificato verde” è il “marchio della Bestia“. Senza il quale “nessuno può né vendere né comprare“.

Anzi, diciamolo meglio. Il certificato verde è uno dei possibili marchi della Bestia.

Il potere del simbolo si dispiega, ed abbraccia gli eventi: passati, presenti e futuri. E non importa quale sarà la durata o la pervasività di questa misura, o se si paleseranno prima o dopo fini occulti: il simbolo è ormai “energizzato”. Nella muraglia compare una pericolosa crepa.

La coercizione sul corpo – e non del corpo, ma proprio sull’epidermide – è un salto in avanti verso una inedita oggettificazione dell’uomo, comparabile quasi a una violenza sessuale di Stato: una penetrazione non consensuale, così vissuta ovviamente se e quando non consensuale.

Non compare giustificazione in superficie, se non la paura. Non è il vaiolo. Non è la poliomielite. Non sono le stesse categorie farmacologiche.

L’Avversario sfrutta il terrore della morte, come se la mera esistenza biologica, messa effettivamente a rischio dalla malattia, sia in fondo più importante rispetto a qualsiasi prospettiva metafisica, o quantomeno etica.

Lontani i tempi in cui l’episteme massima era in fondo la conoscenza delle cose divine. Ora la conoscenza è la penetrazione in profondità della mera materia. E segno della “dignità” di questo sprofondo, è la penetrazione dell’epidermide da parte dell’ago. Che lo si voglia o no.

Qui ha inizio il transumano. Un transumano sinora appena intravisto, anche nel suo potere -positivo- di cura.

Qui stravince l’ideologia contemporanea ostile all’antropocentrismo. L’uomo non è più “al centro”, come nella modernità. E al centro non v’è più nemmeno il Dio, come nelle civiltà tradizionali. Oggi al centro v’è il meccanismo. Il sistema. La rete. L’uomo è sullo sfondo. È un ingranaggio, oppure un cuscinetto a sfera, o un filo elettrico. Un microchip.

È oggetto. E in quanto oggetto, da qui in poi, potrà avere un proprietario. Potrà essere materia sperimentale e sperimentabile. Potrà essere gettato via a fine uso, o quando risulti disfunzionale al meccanismo.

Ecco come il capitalismo si evolve. Come dalla paura trova la spinta per divenire altro. Ecco come l’Avversario ingaggia l’uomo: facendolo minerale, dissolvendolo in altro da sé.

Matteo Mazzoni

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *